A Nord della Sicilia su un vasto basamento subacqueo trovasi un esteso rilievo sottomarino i cui aspetti montuosi emersi dal mare in età remota, in seguito ad assestamenti terrestri, formano l’Arcipelago delle isole Eolie, che si estende su una superficie  di 115 Kmq., raggruppando le sette isole ed un certo numero di scogli grandi e piccoli. Disposte lungo tre immense fratture di origine vulcanica che si intersecano nelle profondità marine fra Lipari, Salina e Panarea, Lipari e Salina sono le più abitate e le più estese. Vulcano e Lipari giacciono all’incirca sul meridiano dell’Etna, tanto che gli antichi pensavano che fra la fiammeggiante isola di Vulcano e l’Etna esistessero antri sotterranei, di congiungimento, dove Bronte, Sterope e Piracmone lavoravano le armi degli dei e degli eroi. A Nord Ovest si trova l’isola di Salina; a Ovest sulla stessa direttrice le isole di Filicudi e Alicudi, mentre a Nord Est emergono il gruppo di Panarea con gli scogli di Dattilo, Basiluzzo e Spinazzola e più in là, l’isola infuocata di Stromboli. La storia delle isole ruota attorno all’attività vulcanica, che doveva essere alquanto intensa al punto da rendere impossibile qualunque condizione di vita, alle intense colate di ossidiana ed a situazioni determinatesi dopo l’arrivo dei Greci. Si sa per certo che le accurate ricerche promosse dalla Soprintendenza alle Antichità hanno confermato in senso assoluto che le Eolie non sono state abitate nel lungo periodo paleolitico, caratterizzato dai cacciatori nomadi, senza una dimora fissa. Di questo primo periodo preistorico estremamente lungo si conosce ben poco. La struttura degli strumenti primitivi si restringeva alla scheggia di selce sbozzata, detta per la sua forma a mandorla, amigdala, adatta a tutte le necessità dell’uomo cacciatore, infatti veniva usata come arma da taglio, come arnese da lavoro, per cacciare e per difendersi. Il lentissimo progredire dell’età paleolitica è dimostrato dalle tecniche di lavorazione in continua evoluzione, in cui le selci rappresentano i primi passi dell’incessante cammino dell’umanità. Lo studio delle varie tecniche di lavorazione della pietra e in un secondo tempo dell’osso, ha permesso di suddividere l’età in tre periodi:Paleolitico inferiore profondamente segnato dalle lavorazioni delle selci bifacciali; dalle schegge con piano e bulbo di percussione a dai raschiatoi di notevole spessore; Paleolitico medio in cui le schegge con piano di percussione e bulbo vengono ritoccati e lavorati su una sola faccia. In questo periodo compaiono raschiatoi più sottili, punteruoli e qualche lama; infine il Paleolitico superiore caratterizzato dalle lavorazioni di utensili rifiniti con lame più sottili, dalla lavorazione dell’osso per ricavare raschiatoi e punteruoli, queste ultime a forma di figlia di lauro o di salice. Alla fine di questo terzo periodo la lavorazione dell’osso dal quale si cominciavano a ricavare utensili rifiniti come aghi, punteruoli, arpioni e bastoni di comando comincia a prevalere sui manufatti litici e si va affermando “l’officina”, il luogo in cui gli uomini si riuniscono e cominciano a dar vita alle loro abitudini stanziali. Recenti scoperte hanno dato luogo allo studio delle abitudini funerarie; in una sepoltura datata 22000 anni a.C. sono stati ricomposti i resti di un cacciatore con un numeroso corredo di strumenti silicei ed ossei. Le numerose testimonianze provenienti dalla Grotta Romanelli nel Salento, oltre a rappresentare la più vasta raccolta di reperti archeologici, hanno contribuito a ricostruire l’intera storia dell’età paleolitica. La vita nelle Eolie comincia con il periodo neolitica che rappresenta il passaggio da un’era bestiale ad una civiltà storica in continua evoluzione e rappresenta la profonda trasformazione del modo di vivere dell’uomo primitivo e la conseguente espansione demografica. Questa età si colloca come stadio intermedio fra la condizione protostorica della civiltà dell’agricoltura e quella dei metalli, grazie al rapporto che viene a crearsi fra l’uomo e la terra da coltivare. Risalgono a questo interessante periodo preistorico le culture di cereali, frumento ed orzo e l’esistenza delle prime macine per ridurli in farina. Gli uomini cominciano a fissare le loro dimore nelle grotte, compaiono le prime rudimentali imbarcazioni. Il culto dei morti assume forme nuove, le sepolture vengono scavate nella terra o ricavate nella roccia. Prevale il convincimento che gli uomini del neolitico credessero a forme di sopravvivenza; non si spiegherebbe altrimenti il fatto che i morti venissero seppelliti con i loro oggetti familiari e le suppellettili anziché con le armi. In ogni caso appare arduo stabilire con assoluta certezza la provenienza dei primi nuclei umani che abitarono in luoghi all’aperto, perché nelle Eolie non vi sono tracce di caverne preistoriche. Nel periodo neolitico cominciano i primi insediamenti comunitari fissi, sorgono le prime rudimentali capanne circolari costituite alla base da pietre saldate con il fango, mentre la parte superiore e le pareti vengono realizzate con rami di alberi e frasche disposte a spina di pesce per non far passare l’acqua. Ai pescatori di quel tempo risalirebbe la pesca con la “sciabica, una rete tirata a strascico per la cattura del pesce e la “cannizzata”,  una rete mantenuta a galla da canne, dove vanno ad impigliarsi i pesci che cercano sottrarsi alla cattura, saltando. “Un recente studio di J.E. Dixon e J.R. Cam dell’Università di Cambridge, traccia in modo chiaro le origini del commercio dell’ossidiana nel Mediterraneo, che, come è noto, rappresentò l’elemento vitale per la sopravvivenza dei primi eoliani. Va precisato che l’ossidiana, il materiale vetroso di origine vulcanica, duro e fragile si può scheggiare come la silice e si può dare ad essa la forma di arnesi taglienti. L’ossidiana è nota per essere stata usata dagli uomini preistorici 30.000 anni fa per fare utensili e raschietti. Le più famose zone mediterranee in cui sono stati trovati strati di ossidiana sono Lipari, Pantelleria, Palmarola e l’isola di Milo nell’Egeo. La eruzione meno antica nell’isola di Lipari ebbe luogo a Campo Bianco ai fianchi del Monte Pelato, dove venne fuori la celebre colata di ossidiana di Rocche Rosse, una grandissima quantità di nuclei vetrosi e l’inesauribile montagna di pomice, che hanno contribuito alla cultura, alla emancipazione ed alla ricchezza degli abitanti delle Eolie e di tutti i paesi del Mediterraneo in cui il materiale vetroso veniva esportato per realizzare utensili ed armi da taglio. Le origini del commercio a partire dal periodo neolitico sono strettamente legate all’inizio della navigazione ed al baratto fra il materiale vetroso da taglio ed i prodotti dell’agricoltura che da tempo si producevano nel Mediterraneo. L’isola di Malta, a sud della Sicilia, offrì oggetti da chiarire ogni dubbio, gli scavi hanno messo in luce una straordinaria società preistorica di 5000 anni fa, caratterizzata da colossali templi di pietra. I rinvenimenti comprendono piccoli arnesi di ossidiana. Sull’isola non vi sono però depositi naturali di ossidiana. Alcuni archeologi avevano avanzato la ipotesi che a portarla sarebbero stati commercianti minoici provenienti dall’isola di Milo, più di 900 chilometri a Est. L’analisi degli elementi in tracce degli arnesi di Malta rivelò che questa congettura era inesatta: l’ossidiana degli oggetti maltesi era dei tipi rinvenuti nell’isola di Pantelleria, che si trova 240 chilometri  a Nord-Ovest di Malta, e di Lipari. Le scoperte rivelarono due fatti importanti sull’antico insediamento maltese. Esse indicavano che gli abitanti dell’isola in quell’antico periodo neolitico erano navigatori esperti, in quanto compivano frequenti viaggi in Sicilia, a Lipari e a Pantelleria. Sir Arthur Evans, l’illustre archeologo che più di mezzo secolo fa diresse gli scavi del palazzo di Cnosso a Creta, trovò ivi molti oggetti finemente intagliati di una varietà caratterizzata da puntini bianchi prominenti. Egli dedusse che questo materiale proveniva da Lipari, in quanto una parte dell’ossidiana di quest’isola presenta puntini bianchi. All’esame degli elementi in tracce, tuttavia, risulta ora che l’ossidiana di Cnosso proveniva non da Lipari, ma dall’isoletta di Gyali, a una certa distanza a Nord di Rodi. I resti di Cnosso comprendono anche utensili di ossidiana senza puntini. L’analisi dimostra che questo materiale veniva da Milo, cosa che era da attenersi, dal momento che Milo è la fonte di ossidiana più vicina a Creta. Il lavoro basato sull’analisi degli elementi in tracce dell’ossidiana ha dato avvio a ricerche su materiale originario di antichi insediamenti d’Europa, del Medio Otriente, del Messico, della California e della regione dei Grandi Laghi nel Nuovo Mondo, della Nuova Zelanda e dall’Africa, dove fino a 100.000 anni fa gli uomini antichi utilizzavano l’ossidiana per fare piccole asce. Il modello fondamentale delle fonti e delle destinazioni è ora chiaro in misura sufficiente a fornire un buon quadro delle vie di movimento e di commercio dell’ossidiana ne periodo (chiamato variamente “rivoluzione agricola” o “rivoluzione neolitica”) in cui si stavano facendo i primi passi verso la civiltà. Nel 9000 circa a.C. gruppi di popolazione del Medio Oriente avevano fondato i primi villaggi agricoli, probabilmente poco dopo l’8000 a.C., l’ossidiana era divenuta di uso piuttosto generale. A Mersin,il sito di un antico villaggio sulla costa mediterranea non lontano da Ciftlik in Turchia, l’ossidiana era il materiale più comune per gli utensili formati da pietre scheggiate. Alcuni pezzi di ossidiana di Ciftlik sono stati però rinvenuti anche in un insediamento neolitico dell’isola di Cipro, il che indica quanto meno un contatto commerciale di là dal mare. In Turchia gli antichi villaggi vicini alle fonti svilupparono una ricca arte e un ricco artigianato di ossidiana. Particolarmente notevoli sono gli oggetti rinvenuti a Catal Hoyuk, un villaggio del 6000 a.C. che era tanto grande da poter essere chiamato città. Fra i suoi prodotti di ossidiana c’erano pugnali e punte di freccia di ottima fattura e specchi accuratamente lucidati, tanto raffinati quanto quello fatti 7000 anni più tardi nel Messico azteco. Seguendo le tracce dei vari tipi di ossidiana, dal luogo di origine fino ai villaggi in cui si trasformano in oggetti manufatti, ci è possibile ricostruire le vie commerciali di questo antichissimo periodo della storia sociale e economica dell’uomo. Queste vie, attraversando montagne, deserti e distese d’acqua, collegano gli antichi insediamenti con una rete di comunicazioni che deve aver influenzato profondamente il loro sviluppo. Non c’è dubbio che per queste vie venissero commerciate altre merci oltre all’ossidiana. Sembra probabile un commercio di prodotti deperibili, che era di dimensioni e di importanza economica molto più grandi di quello dell’ossidiana. E’ tuttavia evidente che il traffico di gran lunga più importante deve essere stata un fattore di grande rilievo nel rapido sviluppo della rivoluzione economica e culturale che nello spazio di poche migliaia di anni trasformò l’uomo da cacciatore a costruttore di civiltà. L’ossidiana ci fornisce ora uno strumento per risalire alle origini delle comunicazioni, all’inizio di questa rivoluzione più di 3000 anni prima dell’invenzione della scrittura. Oltre a rivelare il modello e l’estensione dei contatti esistenti fra gli insediamenti preistorici, essa ci dà un quadro approssimativo di statistica commerciale (mediante i quantitativi di materiale implicato) che indica la forza dei legami di comunicazione esistenti fra particolari comunità. L’uso dell’ossidiana per gli utensili declinò con l’avvento delle età del metallo dopo il 4000 a.C., ma l’ossidiana continuò ad essere apprezzata per gli oggetti ornamentali, come vasi, le ciotole, i bacili e le statuette e anche per gli articoli piccoli del mobilio domestico, come ad esempio i tavoli. L’analisi degli antichi oggetti di ossidiana getta ora nuova luce sulla rivoluzione, avvenuta circa 10.000 anni fa, che portò l’uomo ad abbandonare il modo di vivere del cacciatore. Si tendeva  a considerare questo inizio come un fenomeno isolato e su scala ridotta, come se un piccolo gruppo tribale di persone, insediatosi in qualche posto, avesse sviluppato tutto da solo un sistema agricolo. Questo interrogativo diventa a questo punto assai meno interessante e meno significativo di quanto si pensava. A quanto pare, il modo di vivere agricolo ebbe origine non in qualche località singola, bensì in intere regioni, in cui i popoli di vari insediamenti si scambiavano idee e i mezzi materiali di sussistenza. Per tutti i 2000 o più anni, durante i quali l’agricoltura si andò sviluppando per la prima volta nel Medio Oriente, le comunità disperse in quella zona furono in contatto reciproco più o meno continuo, commerciando merci e quindi condividendo inevitabilmente le rispettive scoperte di tecniche agricole. Ci sono tutte le ragioni per credere che quella zona, nel muoversi lungo la strada del progresso tecnologico, funzionasse essenzialmente come un tutto unico. Gli antichi villaggi mostrano una notevole diversità nelle usanze e nelle credenze che costituiscono quella che viene chiamata la “cultura” di una società, ma non può esserci quasi dubbio che il loro mutuo contatto influenzasse in grande misura non solo il loro progresso materiale, ma anche il loro sviluppo sociale e la loro visione del mondo”.
 

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